Cambiare casa o ristrutturare la vecchia? La congiuntura economica e il perdurare della crisi fa propendere le famiglie per la seconda soluzione, con un recente sondaggio Ispo commissionato da Domotecnica che attesta che una su quattro valuterebbe interventi sull'immobile di proprietà a fronte di un'offerta conveniente da parte delle Banche. E davanti a una simile opportunità di business, gli Istituti di Credito hanno risposto "presente", proponendo tutta una gamma di mutui ristrutturazione per importi solitamente non inferiori a 50 mila euro: al di sotto di questa cifra, infatti, è più facile ricorrere al prestito, anche se non più conveniente.
Per chi dunque conserva nel cassetto il sogno di apportare alcune migliorie alla propria casa, questo è il momento giusto, e non solo per le soluzioni di credito offerte dalla Banche, ma anche e soprattutto per i bonus fiscali del 50 e il 65% sulle spese di ristrutturazione e riqualificazione energetica previsti per il 2013 dalla Legge di Stabilità. Un'occasione più unica che rara che, a meno di clamorosi colpi di scena nell'iter parlamentare, sarà valida ancora per tutto il 2014 e anche il 2015, in quest'ultimo caso, però, con sgravi ridotti rispettivamente al 40 e al 50%.
Se si decide di effettuare dei lavori per cambiare o sistemare la propria abitazione, dunque, i bonus del governo consentono di ottenere sconti vantaggiosi sia nel caso di un prestito (al di sotto di un importo di 20-30 mila euro) che in quello di un mutuo ristrutturazione, anche se in quest'ultima ipotesi il risparmio è senza dubbio maggiore, perché non solo il mutuo ha un tasso di interesse minore, dal momento che è garantito da un'ipoteca sulla casa, ma anche perché gli interessi sono detraibili dalle tasse al 19%, fino a un massimo di 2.582,28 euro annui.
I mutui ristrutturazione, infine, non presentano particolari differenze di costo o spread rispetto a quelli per l'acquisto della prima casa. Come spiega infatti a Il Sole 24 Ore Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline, "chi sceglie il tasso fisso che sui dieci anni oscilla intorno al 5% lo fa perché preferisce non rischiare. Il tasso variabile si attesta al 3% e all'orizzonte non si prefigurano rialzi evidenti dei tassi di riferimento (Euribor e Bce): ma se anche il variabile dovesse in futuro salire, la durata di dieci anni impedirebbe un rincaro tale da pregiudicare il risparmio accumulato".